una storia e una tazza di tè – frammenti
Dividiamo la seconda esperienza tra l’ascolto ed il racconto.
Una mia chiave è nel sollevare il mio velo di disincanto. Mi impedirebbe di ascoltare altro da me.
In cambio di un saluto gentile e di una carezza ad un cane dal cuore debole, riceviamo una storia di Belgrado, della socialità di quella città, dell’interesse verso il vicino, che anche qui si poteva trovare dopo la guerra. Di come il tessuto sociale si possa sfilare. La signora, educatrice nella capitale Serba, conclude riservandoci viva simpatia e lasciandoci un’offerta… dando un contributo, interpreto, ad un modo possibile e diverso di agire.
Due bambini lasciano i giochi sullo scivolo e si incuriosiscono ad ascoltare una favola molto bella… rapiti è il termine che descrive il loro farsi vicini. Un genitore lontano li chiama, loro resistono sulle prime, poi salutano e corrono via.
Degli amici vengono a trovarci (alcuni consapevoli del nostro stare qui, altri per puro caso), bevono il tè con noi, noi parliamo e raccontiamo. In alcuni istanti, si crea un’atmosfera di sospensione e di attesa. Cerco di avere rispetto di questa attenzione, e provo a vivere dentro di me le parole che leggo, e quelle che credo essere le emozioni del protagonista. Forse dovrei avere sempre questo rispetto, o almeno più spesso, quando prendo a prestito qualcosa che altri hanno voluto dire.
La giornata finisce con alcune storie che sono accadute nella piazza, stavolta raccontateci da persone che l’hanno frequentata, da pochi oppure da decine d’anni. Anche in questo caso, cerco di avere rispetto di ciò che sto ascoltando, per poterlo, a modo mio, trasmettere, nei giorni che verranno.