Niente paura! :-)
Autostop. E se non arriviamo in tempo? E se ci carica qualcun che poi guida come un pazzo? Come fai a fidarti? Non lo so.
Se non scappi dalla vita, la vita ti viene incontro. (Anche se a volte può avere l’aspetto di un treno in corsa).
Mezzogiorno. L’ora peggiore per fare autostop. Estate, sole a picco, la gente tutta al mare o a pranzo e noi con i soliti zaini himalayani a cercare una piazzoletta con un po’ d’ombra che sia visibile arrivando e che consenta alle auto di fermarsi.
Shock ha un momento di abbiocco, si sdraia a dormire su n muretto. Composto, però! E gli zaini messi in ordine che altrimenti sembrano di più.
“In Sardegna non è come in Corsica, difficile trovare un passaggio.” Non ci pensiamo. Tiro fuori il dito e comincio. Nessuna vergogna. Questo è un punto importante. Sto chiedendo un passaggio, non disturbo nessuno. In genere chi carica ha voglia di parlare, quindi c’è lo scambio.
In effetti, dopo un po’dei soliti sguardi straniti, due o tre auto rallentano, vedono che siamo in due con una montagna di roba e fanno segno di “scusa”.
E poi si ferma il primo. E’ un signore brizzolato sui sessant’anni. Sorride: “Dove posso portarvi?” “Lei dove va?” “A Capo d’Orso”. “Va bene”.
Non sappiamo ancora esattamente dove andare, in uno dei paesini più giù, raccoglieremo informazioni durante il viaggio.
Questo passaggio è breve, ci lascia ad un bivio e mentre ci inerpichiamo su per una salita con un panorama mozzafiato su Palau metto fuori il dito per non perdere tempo.
E si ferma un’altra auto. Sono in due, una coppia che ha deciso di cambiar vita e ormai da vent’anni si sono trasferiti a Palau, dove hanno aperto una scuola di sub. “E voi da dove venite?” “Da Torino e … e si scatenano le coincidenze.
Lei conosce bene Ivrea e un sacco di persone che conosco anch’io. Insomma, ci ritroviamo a bere caffè sulla loro barca e a fare la doccia nell’ufficio del porto che fa da appoggio.
Ci hanno portati a Cannigione. Dicono che la sera è piena di gente, bambini, mercatino…
Facciamo in tempo a provare un po’di coreografia e risfoderiamo il numero del pupazzo dell’anno scorso. Poi, via con le storie.
La gente si ferma, ascolta un po’, lascia una moneta nel cappello e se ne va. Se alla fine della storia qualcuno è rimasto, lo avvicino e spiego cosa stiamo facendo. Anche i cartelli aiutano tanto. Un signore ci fa i complimenti: “Io non so se avrei il coraggio di fare una cosa simile”.
Già il fatto che si sia posto la domanda, per noi è un risultato.
Alle 23,30 smettiamo. Abbiamo fatto ventitrè euro e ventitrè. E andiamo! 🙂
Ci concediamo nientemeno che una pizza e una focaccia al mirto seduti a tavolo, così chiediamo se ci fanno ricaricare i dispositivi.
Io sono ancora truccata da pagliaccio. Dopo cena andiamo a recuperare la nostra roba in barca, dove Ludovica e Fulvio stanno dormendo. In fondo al molo c’è una luce, mi fermo a struccarmi.
“Ciao ragazzi, voi mi sembrate artisti di strada”. “Ma va?”
Si chiama Francesco, è decisamente brillo. Attacca un bottone senza senso e ci offre un passaggio fino a Cagliari sulla sua barca. La prendiamo sul ridere, ma lui insiste perché andiamo a vedere la barca, che effettivamente esiste, è una barca a vela con due cabine (ci sta offrendo anche di dormire lì stanotte). Trenta ore di navigazione… salteremmo uno spettacolo, ma o recupereremmo l’ultimo giorno, se fossimo già la. Salteremmo tutti i paesini dove volevamo andare, a Cagliari ci hanno detto che non si può fare teatro di strada.
“No, grazie, la proposta è molto allettante ma non possiamo accettare, abbiamo un “missione” da compiere.”
“Siete proprio due coglioni, ma quando vi ricapita un’occasione così, non si può offrire niente se prima non si è imparato, io vi sto offrendo di vedere una cosa che non avete mai visto, la Sardegna mostrata da un sardo, ma se non vi interessa sono cazzi vostri.”
Sarà anche un po’ bevuto, ma dice delle cose molto sensate. Sembra abbia voglia di dare, ci sta offrendo un dono prezioso, e noi che parliamo tanto di comunicazione, lo rifiutiamo?
Shock riflette, non è convinto, ma vede il mio entusiasmo e mi lascia l’ultima parola.
Respiro lungo. Mi sento una grande responsabilità. Dalla barca si può aggiornare il blog. Mi rilasso, mi ascolto. “Andiamo.”
(Paola)