Appunti viaggio – si continua –

Appunti viaggio – si continua –

Fare autostop in Puglia è cosa da alieni.
A meno che non incontri qualcuno che “l’ha fatto da giovane”, pochissimi si fermano, e ti guardano come se fossi sceso da Marte.

Qualcuno fa dei gesti, che vanno da “mi dispiace, siamo pieni”, a “fatevela a piedi”, magari con una risata di scherno. Molto frequente anche “giro appena li avanti”. Sembra esserci sempre un bivio invisibile poco più in là, forse si materialzza appena ci fermiamo…

… e poi eccolo: l’abitante del luogo, quello che l’autostop l’ha fatto da giovane, e cerca di convincere il figlio che è un bel modo di viaggiare, ma il figlio, sui vent’anni, ha paura, forse si vergogna.

Perché, diciamolo, chiedere è un po’ da sfigati. E gli sfigati fanno paura.

Noi comunque siamo fortunati. Arriviamo a destinazione.

Ieri siamo partiti a piedi da San Cataldo, attraverso il parco naturale delle Cesine, dopo il piacevole pranzo e la chiaccheratona con Elisa e Daniela di Asti.

Le Cesine sono un’oasi del WWF.
Bellissima, però ad un certo punto è diventato buio. Fare autostop sulla strada? Nessuno si ferma, facciamo paura.
Al limitare dl parco c’è una villa illuminata. Proviamo a suonare.

“CHI È?”
“Vorremmo delle informazioni…”
“TIENI IL CANE!”
Oddio il cane… – mi nascondo dietro Andrea – se mangia prima lui, magari mi lascia stare.

Insomma chiediamo informazioni. Subito sembra che vogliano solo che ce ne andiamo. Esce una donna, poi anche un uomo, sono di Torino anche loro.
Non spiego cosa stiamo facendo, non paiono interessati, ma al momento giusto (dopo aver sentito che ci sono sette chilometri fino a San Foca, dove siamo diretti, e proprio non ce la posso fare a farli adesso con questo zaino, dopo averne gia fatti più o meno altrettanti), dico: “mah… noi avremmo una tendina…”

Ci rispondono che possiamo metterla lì, fuori dalla loro villa.
Ci chiedono se abbiamo bisogno d’acqua, sono diventati gentili. Ci hanno guardati negli occhi, hanno avuto meno paura.

Beh, consideriamo, è comprensibile. Arrivano due tipi di notte, in un posto così isolato, e più che normale. Sono stati gentili.
Poi rifletto.
Ma è davvero normale che tra esseri umani ci sia tutta questa diffidenza, che tutti abbiano paura di tutti? Io stessa non mi sono fidata a suonare il campanello da sola, lasciando Andrea a fare autostop sulla strada. Non sapevo chi avrebbe potuto aprirmi.
La mattina dopo ci ha portato il caffè, abbiamo parlato.

Io credo sia importante quello che facciamo. Spezzare il circolo della paura, cercare umanità, trasmettere umanità.

Da piccola sognavo spesso che c’era un gigante di cui tutti avevano paura. Io andavo a parlargli e scoprivo che in realtà non era cattivo e diventavamo amici. Poi andavamo insieme in paese, mi portava a spalle e vissero tutti felici e contenti.
Non riesco a smettere di credere alle favole.

Paola

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