La piazza del mercato
Ci troviamo in piazza Santa Giulia, vicino alla bella chiesa di Santa Giulia ed al bel teatro Giulia di Barolo, che conosciamo per uno spettacolo dell’anno passato sullo sfruttamento nei Call Center e sulla situazione della scuola pubblica a seguire la riforma Moratti.
Questa volta invece è la strada ad interessarci, con le sue durezze e le sue necessità, prima fra tutte quella di guadagnarti la fiducia del tuo prossimo che passa vicino. Fargli capire che il tuo primo interesse non è prendere i suoi soldi, ma comunicare. Che il tuo prossimo lasci dei soldi può succedere, ed è sicuramente una cosa che speriamo, ma non come forma di elemosina, bensì come acquisizione di consapevolezza della necessità umana di comunicare e di empatizzare.
Nella piazza c’è ancora fermento e brusio, le ultime bancarelle del mercato vanno spegnendosi come la giornata, insolitamente calda per esser quasi la fine dell’anno. Le casse vanno ad ammonticchiarsi in pile ordinate, e via via le tracce delle bancarelle assumono un ordine ed una disciplina che da li a breve verrà molto apprezzata dai grossi camion raccoglitori. Prima delle otto, ogni traccia sarà sparita.
Nel mentre cerchiamo angoli della piazza illuminati a sufficienza e gia sgombri. Oggi siamo un bel gruppo allegro di 4 attori, e pure abbiamo un pubblico di amici che sfida il freddo ed ascolta le nostre parole. Oltre alle favole di Maria Grazia Carlotto, che sono un soffio delicato che sfiora l’anima facendole il solletico, (come le favole al telefono di Gianni Rodari) Anna ed Alessandra rallegrano il pubblico con un pezzo articolato e ben preparato, una quindicina di minuti di lettura ispirati da “Vincenzo De Pretore”, una commedia di Edoardo De Filippo sulla giustizia, in cielo ed in terra :-).
Farsi ascoltare sul rumore dei macchinari di pulizia non è facile, cambiamo posizione alcune volte, alla fine la luce di un accogliente Kebab ci aiuta ed attira. La zona è meno rumorosa, ci sono le panchine, alcuni giovani e qualche cane si fermano ad ascoltarci.
Oggi siamo particolarmente contenti di quello che stiamo facendo, e questo si trasmette alle cose che facciamo, dandole bellezza ed entusiasmo. Quelli che si fermano si fermano ad ascoltare anche per diversi minuti, sino alla fine della storia, e poi ci fanno i complimenti. Ma riflettendo poi sulla giornata, mi chiedo quanto riusciamo a comunicare del senso di quello che stiamo facendo. Credo, quasi di sicuro, chi si è fermato abbia visto qualcosa di “alternativo” (nel senso profondo, cioè una possibilità diversa di entrare in contatto con esseri umani), e credo anche il nostro farlo in una condizione “scomoda”, come sono le notti di fine d’anno, sia segno fedele dell’importanza che scendere in strada, offrire una tazza di tè e raccontare una storia abbia per noi.
Ma a parte questo? Il desiderio, e la convinzione di far qualcosa, in questo modo, di profondamente sociale e civile, possono esserne trasmessi?
Non ho una risposta. Però mi viene in mente uno spettacolo molto bello in questo periodo al teatro Garybaldi di Settimo. Lo spettacolo è in tournee fino a fine anno a Settimo, e la compagnia che lo presenta, Quelli del ’29, ha avuto la propria sede, un teatro e cinema colpiti dal terremoto del 20 Maggio scorso, praticamente sventrati. Il teatro e cinema sono stati abbattuti completamente meno di un mese fa. Ho avuto modo di scambiare alcune parole con gli attori della compagnia, e parlandomi delle difficoltà che stanno affrontando con commovente dignità a seguito della sciagura, Paolo Di Nita ha parlato di Onestà come qualità portante per aver potuto costruire la rete culturale e sociale, radicata in Modena, dalla sua compagnia.
E dunque l’Onestà è la cosa a cui posso aggrapparmi, non avendo una risposta migliore. Cercare di comunicare lasciando che le parole, il mio corpo, la mia voce siano mezzo non per ottenere lodi ed apprezzamenti, ma per scontrarsi contro le barriere, alte 20 metri, che precedono il passo di quasi tutti noi, ogni giorno della nostra vita.